Ecco a voi gli atti del primo incontro dei Collettivi Ecosocialisti di Sinistra Anticapitalista, una due giorni convocata il 20-22
ottobre 2017 a Marina di Ardea, muovendo dall’esigenza di connettere e condividere gli interventi
territoriali e l’elaborazione teorica prodotta dalle diverse realtà, in vista di
un’attività pratica e teorica comune. Ben presto, però, è emerso il carattere seminale dell’appuntamento, gli
atti del quale saranno prossimamente pubblicati sul sito. Riportiamo in questa sede un sintetico bilancio della
discussione. La parola chiave è, e non può esser diversamente, ecosocialismo,
ovvero un tentativo, effettivamente prolifico, di evoluzione teorica
dell’anticapitalismo in senso marxista: ecosocialista è la nostra lettura della realtà e il nostro programma, comprensivi
di ragionamenti e pratiche che pongono l’anticapitalismo alla base della
comprensione dei meccanismi
di dominio e di sfruttamento, su cui si struttura l’analisi di tutti gli altri
movimenti di liberazione
dalle oppressioni e che rende possibile immaginare pratiche di
lotta che, pur mantenendo ognuna la sua specificità, si illuminano a vicenda. L’ecosocialismo è, allora, un metodo di analisi della realtà, un vero e
proprio bagaglio di partenza per strutturare un programma di transizione e, insieme,
un asse su cui incardinare il lavoro politico, teorico e pratico di lotta per tutte le soggettività oppresse
dal modo di produzione capitalistico: i movimenti per la liberazione delle minoranze, dei migranti,
delle identità queer, i movimenti antispecisti, quelli
ambientalisti, fino a movimenti settoriali come quelli per l’acqua pubblica, o
le battaglie locali in difesa del territorio, ecc. Particolare importanza riveste il movimento di liberazione
delle donne, sul quale i
collettivi ecosocialisti esprimono l’intenzione di un forte investimento
politico. Radicalizzare le rivendicazioni espresse da questo
movimento significa potenzialmente incidere sulla
riproduzione sociale, che ricade sulle spalle delle donne, e
delle donne lavoratrici in particolare (con le donne immigrate in una condizione di ancor più dura oppressione). Agire sulle condizioni della
riproduzione sociale, insolubili da quelle del modo di produzione di cui esse
sono espressione e garanzia, e dare potere a tutti i soggetti oppressi che
oggi sono costretti a farsene carico, significa esercitare democrazia
effettiva, elemento imprescindibile
per una pianificazione efficace dell’economia e per una gestione collettiva e razionale dello “scambio
di materiale organico tra essere umano e il resto della natura”. Solo
definendo questo asse riusciremo a uscire da quella fiera dei movimenti della
contemporaneità, in cui, in maniera genuina ma inefficace, ciascuno lotta per la singola vertenza
e colleziona una o più battaglie-feticcio, nel peggiore dei casi addirittura
in solitaria quasi che il singolo individuo possa
cambiare davvero il mondo con il proprio, pur lodevolissimo, esempio. Le svariate, per quanto “buone”
pratiche individuali, dal veganismo
al consumo critico, all’ecosostenibilità, ecc, rischiano di essere,
anche in chi si richiama al marxismo, un’altra
fiera: quella
dei moralismi. Un corto
circuito di militanza in cui ci si rinfaccia le rispettive contraddizioni, perdendo di vista la
contraddizione decisiva, quella del capitalismo. L’ambizione
di cambiare realmente le cose, di essere veramente rivoluzionari in tutti
gli ambiti in cui il Capitale esercita il suo dominio, deve, invece, essere totale – quindi sociale e politica, e non individuale. Non ha scopo essere intransigenti nella
ricerca di una purezza che quasi sempre si rivela nulla più di un nuovo
mercato, normalizzato e inglobato dal capitalismo (vedi il business
dell’ecosostenibile, o dell’alimentazione cruelty free); queste pratiche sono nicchie
di mercato che mostrano ancora una volta quanto il capitalismo sia progressista
quando lo è la domanda e conservatore quando la spinta del mercato
è di tipo conservativo, al solito fine di creare nuove market
opportunity che prima non esistevano.
Questa critica non espunge, ma presuppone, la realizzazione del “programma
massimo”, quello della liberazione totale, dell’essere umano, dei generi,
degli altri animali, del pianeta.
Come organizzazione politica marxista
intendiamo lavorare ad un “programma di transizione” che individui le tappe intermedie
concretamente realizzabili, per
avvicinarci alla rivoluzione anticapitalista.
Non vogliamo rinunciare al campo della mediazione
concreta, forse l’aspetto più difficile e più sguarnito dal disimpegno, dal
qualunquismo, dall’isolazionismo moralista e da quel riduzionismo culturalista che
pretende di risolvere i problemi del mondo semplicemente cambiando la
narrazione del presente. In particolare, riteniamo che un programma
ecosocialista di transizione debba fondarsi su due pilastri: la riduzione dell’orario di lavoro senza decurtazione di salario (e, anzi, insieme alla rivendicazione
dell’aumento generalizzato dei salari), e un programma di investimenti
pubblici per una riconversione ecosocialista dell’economia, sotto
il controllo dei lavoratori e delle lavoratrici e delle loro organizzazioni.
Nell’immediato, i collettivi ecosocialisti decidono di impegnarsi in
una campagna nazionale contro le privatizzazioni, come macro-argomento in grado
di riassumere in modo organico le diverse resistenze territoriali sul terreno del lavoro,
della gestione democratica e partecipativa dei servizi pubblici locali, della
lotta alle politiche di austerità e della “debitocrazia”. L’ecosocialismo
rimane la “via maestra”, senza dogmatismi, anzi con il desiderio esplicito di una rivitalizzazione del pensiero
marxista, di
fornire, quindi, un contributo alla costruzione internazionale di un approccio
rinnovato per comprendere e combattere tutte le
contraddizioni prodotte e riorganizzate dal capitalismo, dal
cambiamento climatico, dalle migrazioni di massa. Partiamo dalla consapevolezza che l’asse centrale è la contraddizione tra
Capitale e Lavoro, quella che tutti affrontiamo
quotidianamente, quella per cui ci è ben chiara la necessità di abolire la società divisa
in classi e il capitalismo. In fondo Marx stesso
aveva superato
quell’opposizione tra umanesimo e naturalismo che
tuttora persiste in alcuni “movimenti” anticapitalisti. L’ecosocialismo di Sinistra Anticapitalista si propone quel superamento, si propone di lottare per una società liberata
dal Capitale, e,
quindi, libera per tutti e tutte, per gli
esseri umani, gli altri animali e per il pianeta intero.
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